Fulmini sull' albero di Natale 
 
   Vagando in centro in un giorno di feste
rintano la mente in un sogno agreste
rivedo Walden sperduto nei boschi,
perso nel flusso di autisti loschi
ch' alzan le chiappe per levare il freno,
guidan la mini e la credono treno,
che la terra gira spinta dal greggio
se l' unica brama é il primo parcheggio,
e saran luminarie anche splendenti
pagate certo con soldi fetenti,
le strade piene stracolme di gente
ma quanto a vita ce npoca e niente.
    Scrutano vetrine con occhi ingordi,
ma nulla sentono, del tutto sordi,
salutano tutti con visi biechi,
nessuno vedono, da veri ciechi.
Mentre l' aria di festa é come nebbia
appesta la pelle come la scabbia
e restarne fuori é fatica vana,
ma sognare Walden é cosa strana,
e che ne resta di tante faville
se l' albero brucia senza scintille?
   Torniamo a Thoreau scienziato e poeta:
brilla il suo lampo di luce segreta,
incendia l' albero per farne torcia,
accende la foglia mentre la bacia.
La scienza del fulmine mette a fuoco,
la poesia dell' albero fa altro gioco
piegandosi a diventare cenere
per far sbocciare erbe verdi e tenere.
Quel bosco perduto vivrà in eterno,
ben oltre le feste di quest' inverno,
pieno di faville prive di vita
dove la morte vince la partita.
 
Genova, dicembre 2018