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Perche' il fulmine incendia l'
albero
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Vagando in centro in un giorno di feste
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rintano la mente in un sogno agreste,
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rivedo Walden sperduto nei boschi,
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smarrito nel flusso di autisti loschi
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ch' alzan le chiappe per levare il freno,
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guidan la mini e la credono treno,
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che' la terra gira spinta dal greggio
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se l' unica brama e' il primo parcheggio,
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e saran luminarie anche splendenti
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pagate certo con soldi fetenti,
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le strade piene stracolme di gente
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ma quanto a vita ce n' e' poca e niente.
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Scrutano vetrine con occhi ingordi,
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ma nulla sentono, del tutto sordi,
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salutano tutti con visi biechi,
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nessuno vedono, da veri ciechi.
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Mentre l' aria di festa e' come nebbia
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appesta la pelle come la scabbia
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e restarne fuori e' fatica vana,
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ma sognare Walden e' cosa strana,
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e che ne resta di tante faville
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se l' albero brucia senza scintille?
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Torniamo a Thoreau scienziato e poeta:
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brilla il suo lampo di luce segreta,
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incendia l' albero per farne brace,
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accende la foglia mentre la bacia.
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La scienza del fulmine mette a fuoco,
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la poesia dell' albero fa altro gioco
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piegandosi a diventare cenere
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per far sbocciare erbe verdi e tenere.
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Quel bosco perduto vivra' in eterno,
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ben oltre le feste di quest' inverno,
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piene di bagliori privi di vita
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dove la morte vince la partita.
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Genova, 24 dicembre 2015
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